Ho imparato che l’amore non è statico, ma un movimento reciproco di scambio mutuo e continuo.
Se questo non succede non è più amore, ma ostinazione, illusione, palpito, infatuazione.
Ho imparato che l’amore può finire, per incuria o distrazione, o perché si dá tutto, troppo per scontato, ma più spesso succede invece che agonizza lentamente, implorando un’eutanasia emotiva.
Ho imparato che per l’amore ci vuole fiuto, e anche una discreta dose di culo.
Il fattore culo è quello che ci fa sbattere dentro alla persona giusta, il fiuto serve a riconoscerla e a tenersela stretta.
Ho imparato che, una volta riconosciuta la nostra botta di culo, l’amore diventa una scelta precisa, un lavoro di costruzione continua, un cantiere sempre aperto, work in progress a tempo indeterminato.
Ho imparato che l’amore è scegliersi, esserci, rimanere; anche a rischio di rimanerci dentro, come un trip calato male, le ombre di quello che poteva essere a spingerci sull’orlo della follia.
Ho imparato che troppo spesso si dà per scontato che vabbè, botte di culo ce ne saranno altre nella vita no?
E invece no.
E allora ho imparato che l’amore è coraggio, ed un pizzico di follia, è una decisione chiara, tenersi, a volte contro tutti, a volte contro gli eventi, a volte semplicemente perché è il momento sbagliato e sta a noi farlo diventare quello giusto.
Ho imparato che l’amore non si può rimandare, ha il suo tempo giusto ed è proprio quello e nessun altro, come in uno spartito musicale dove le note rotolano una dietro l’altra scandite da un ritmo preciso e nulla può essere lasciato al caso, nulla può essere rimandato o messo in pausa.
Ho imparato che l’amore non può essere messo in stand-by, o meglio si può, ma tanto poi torna. E quando torna sono mediamente cazzi amari, per dirlo con una perifrasi poetica, perché il conto che presenta non è mai a buon prezzo.
Torna prepotente ed improvviso, ti coglie alle spalle come un predatore notturno, sbattendoti in faccia ogni errore, ogni mancanza, ogni parola non detta, ogni situazione lasciata in sospeso, ogni passo indietro fatto, ogni scelta rimandata, tutto, senza sconti.
Ho imparato che “l’amore non esiste, ma esistiamo io e te, e la nostra ribellione alla statistica“.
Ho imparato che l’amore è concreto, roba di corpi e sangue, e mani da sporcare e abbracci da dare al momento giusto; e sacchetti della spazzatura da portare fuori, caffettiere pronte sul fuoco, bollette da pagare, figli da vestire, pavimenti da pulire, sacchetti della spesa da svuotare. E cene occhi negli occhi due volte l’anno, a ricordarci che l’amore, a volte, ha bisogno anche di frivolezza, di quella leggerezza che ti fa planare sulle cose dall’altro, magari un po’ brilli e con la pancia piena.
Ho imparato che l’amore e la paura non possono convivere; la paura è una menzogna, una scusa. L’amore è impavido e temerario e non conosce ostacoli, se non quelli che creiamo, deliberatamente con le nostre mani; le stesse mani che ci mangeremo quando capiremo che potevano essere usate per buttare giù muri anziché per costruirli.
Ho imparato che l’amore è esigente come un neonato, richiede attenzione costante, e che anche la più piccola distrazione può essere fatale.
Ho imparato che l’amore è un atto rivoluzionario e che niente come l’amore porta in sé il concetto di libertà.
Ho imparato che l’amore può resistere a molte cose, al tempo, alla distanza, al dolore, al tradimento, al sesso, al distacco, alle partenze, e resta sopito come brace tiepida.
E noi, presuntuosi, crediamo che basti una bava di vento a riaccendere quel fuoco.
Inventiamo scuse, alibi, giustificazioni, facciamo passare il tempo, i mesi diventano anni, i volti flebili ricordi, le persone pallide ombre e persino quel sentimento, siamo davvero sicuri di averlo provato? Ed era così intenso, o forse era solo un’illusione, un’idea?
Accantoniamo l’idea dell’unicità, ci costruiamo mondi e ci permettiamo di dare per scontata l’unica cosa che vale, forti che l’amore, se c’è, possa vivere autonomamente, solido e inamovibile come una roccia.
Finché un giorno sbattiamo dentro all’evidenza, come un passero sbatte contro una finestra chiusa; ci guardiamo indietro all’improvviso e non ci resta che ammettere: ma che due grandissime teste di cazzo che siamo.
Ho imparato che l’amore è disarmante e ti mette talmente a nudo da farti prendere consapevolezza di botto del tempo e delle occasioni perdute, senza un motivo reale, senza perché.
Ho imparato che l’amore è tenersi, ma non tenersi stretti, ma piuttosto tarare la giusta distanza, e girarsi alla larga, quando serve.
Ho imparato che l’amore è lasciarsi respirare, e respirarsi, ché l’amore è claustrofobico a mal sopporta apnee e cuori chiusi.
Ho imparato che l’amore è attesa, sapersi aspettare senza aspettarsi nulla.
E che gli amanti appesi non fanno mai una bella fine, spaiati come i calzini smarriti su una corda da stendere.
Ho imparato che l’amore è resistere, ed esistere. Anche senza di te.
Ho imparato che l’amore è lanciarsi, e bilanciarsi, in un continuo gioco di disequilibri e recuperi, per non crollare a terra, mai.
Ho imparato che l’amore è mite, mansueto, una scampagnata in bicicletta in collina con salite abbordabili e discese senza brivido, solo vento in faccia a sorridere alla vita. Le montagne russe in monopattino sembrano amore, ma sono solo suicidi emotivi ed emozionali.
Ho imparato che pazienza e compromesso vanno spesso a braccetto, e che l’amore è compromesso quando la pazienza arriva al limite.
Ho imparato che “scusa” è una parola magica, che funziona solo se intrisa di consapevolezza; e in quel caso non è nemmeno così difficile da pronunciare.
Ed è così che ho imparato che l’orgoglio è il peggior nemico dell’amore.
Ci fosse anche solo una probabilità, giocala, giocala giocala. (cit.)